La Tipografia è un mondo vasto ed estremamente affascinante, specie per chi, come un grafico, ingaggia con essa un confronto quotidiano. La scelta di un carattere, l’uso sapiente dei suoi pesi e delle sue caratteristiche sono passaggi importantissimi nell’ambito di un processo di impaginazione.
A prescindere dagli “addetti ai lavori”, però, chiunque abbia familiarità con un qualsiasi software di videoscrittura sarà ormai abituato a termini come Regular, Bold, Italic e via dicendo, che rappresentano appunto i pesi e gli stili dei caratteri o font (dal francese fonte – fusione, per motivi che vedremo più avanti) che andranno a comporre il proprio testo.
Con questo articolo andremo a scoprire qualcosina in più riguardo un particolare tipo di carattere: il Corsivo o Italic.
IL SIGNIFICATO DI ITALIC
“Perché si dice Italic?” La risposta è in realtà molto più banale di quanto ci si aspetti: si chiama così perché è nato proprio qui in Italia, più precisamente a Venezia, durante il rinascimento, grazie agli sforzi di due personaggi molto importanti per lo sviluppo della stampa e dell’editoria: Aldo Manuzio e Francesco Griffo.
Dobbiamo contestualizzare il nostro discorso in un’epoca, quella a cavallo tra ‘400 e ‘500, in cui si pratica la stampa a caratteri mobili: essa consiste nella composizione dei testi attraverso l’affiancamento di caratteri metallici (generalmente ottenuti dalla fusione di piombo, antimonio e stagno), che vengono poi cosparsi di inchiostro e pressati sui fogli attraverso un torchio.
Questo procedimento, inventato (quantomeno nel mondo occidentale) da Gutenberg alla metà del ‘400 (la sua famosa Bibbia fu stampata nel 1453), permette di riutilizzare molte volte i caratteri, sia per la loro resistenza, sia per la loro componibilità, e soppianta progressivamente la stampa xilografica, che prevede l’incisione di tavole in legno.
La stampa a caratteri mobili appare in Italia già alla fine del decennio successivo alla sua invenzione, e si diffonde a macchia d’olio in tutte le principali città europee. I primi volumi realizzati con questa tecnica (quelli stampati fino all’anno 1500) vengono comunemente detti “incunaboli”.
I PROTAGONISTI:
Aldo Manuzio e Francesco Griffo
Aldo Manuzio (Bassiano, 1450 circa – Venezia, 6 febbraio 1515) era un editore umanista la cui missione era quella di preservare e diffondere la letteratura greca e latina attraverso edizioni stampate. L’arte della stampa diviene dunque per lui estensione e complemento di una grande passione per i classici. Dopo aver verosimilmente appreso i rudimenti del mestiere a Roma, è a Venezia che, attorno al 1490, decide di stabilirsi e di metter su la propria impresa tipografica, la quale porterà alla realizzazione di circa 130 edizioni di opere in greco (Aristotele, Platone etc), latino (Virgilio, Cicerone etc) e volgare (ad esempio Dante e Petrarca, ma anche contemporanei come Bembo), conosciute come Edizioni Aldine.
Le Edizioni Aldine hanno tra l’altro un logo molto celebre e particolare, che raffigura un delfino attorcigliato attorno a un’ancora: il disegno sta a rappresentare il motto Festina Lente (mutuato dall’imperatore Augusto, attraverso Svetonio), che significa letteralmente “affrettati lentamente”, per indicare un’attitudine decisa ma cauta. Il motto viene successivamente usato anche da Cosimo I de’ Medici, che lo rende in immagini nel suo emblema raffigurante una tartaruga dotata di vela.
È importante evidenziare la massiccia mole di lavoro implicata dalla creazione di un’edizione a stampa di un’opera, specie se straniera. L’editore doveva infatti in primo luogo procurarsi un buon manoscritto su cui basarsi: tali manoscritti, però, spesso e volentieri erano rari e di difficile reperibilità. In questo senso il fatto di lavorare a Venezia diede sicuramente un vantaggio ad Aldo, specialmente per quanto riguardava i manoscritti greci, dato il fiorente commercio navale che si svolgeva attraverso le acque dell’Adriatico. Una volta reperito il manoscritto migliore da prendere a modello, c’era poi bisogno di un incisore che riproducesse le lettere in caratteri tipografici. Solo a quel punto si poteva dare il via alla stampa e alla diffusione dell’opera.
Francesco Griffo (Bologna 1450 circa – Bologna 1518 circa) era un tipografo e disegnatore di caratteri. Figlio di un orefice, apprende il mestiere di incisore nella città natale per poi trasferirsi dapprima a Padova e poi a Venezia. È qui che a partire dal 1494 si mette al servizio di Aldo Manuzio, per il quale disegnerà e inciderà numerosi caratteri tipografici. Il DeAetna di Pietro Bembo (1496) e l’Hypnerotomachia Poliphili (1499, di incerta attribuzione ma probabilmente scritto da Francesco Colonna) sono tra gli esempi più eleganti e sofisticati di arte tipografica dell’epoca rinascimentale. Quest’ultimo specialmente, corredato com’è da una serie di ben 169 illustrazioni xilografiche di altissima qualità, è considerato il vero capolavoro tra tutti i libri pubblicati per i tipi del Manuzio.
Forse vi sarà capitato di imbattervi nel font Bembo, o di averlo utilizzato in una delle vostre impaginazioni: beh, quel font è il diretto discendente del carattere tipografico disegnato da Griffo per il De Aetna. Per la creazione di quel carattere il bolognese si ispirò direttamente alla grafia del Bembo stesso, ottenendo un riusultato di grande leggibilità e riscontrando largo successo.
ORIGINE DEL CORSIVO
La nascita dell’Italic
Per quanto riguarda i caratteri corsivi, sembra che Aldo Manuzio abbia preso ispirazione da alcuni piccoli codici stilati da Bartolomeo Sanvito per Bernardo Bembo (padre di Pietro) alla fine del ‘400. Essi contenevano un tipo di grafia detta cancelleresca (perché usata appunto nelle cancellerie) molto amata dagli umanisti dell’epoca: una scrittura rapida e agile con una leggera inclinazione a destra. Nasce da qui l’idea per il carattere tipografico Corsivo (o Aldino), che gli inglesi chiameranno appunto Italic ed i francesi Italique.
All’anno 1500 risale la prima apparizione del Corsivo in un’opera stampata: Le Epistole di Santa Caterina da Siena. Nel frontespizio troviamo infatti un’illustrazione che raffigura la santa con in mano un libro recante la scritta “Iesu dolce, Iesu amore”.
In seguito a questo primo esperimento, Griffo disegnerà per Manuzio un alfabeto completo che verrà utilizzato per la realizzazione del primo libro interamente in caratteri corsivi: l’opera omnia di Virgilio (1501).
I caratteri compatti e inclinati permettono a Manuzio di ridurre notevolmente la dimensione del volume, che viene infatti realizzato in ottavo, un formato relativamente poco diffuso, ottenuto attraverso l’utilizzo di una serie di fogli piegati in 8 parti che formano 16 pagine ciascuno. Questo tipo di libro viene anche definito Enchiridion (che in greco vuol dire “che si tiene in una mano”, da cui a sua volta “manuale”), ed è incredibilmente più maneggevole dei libri in folio o in quarto (rispettivamente formati da fogli piegati in due e in quattro parti). Grazie a questa innovazione Manuzio dà il via al processo che molti anni dopo porterà alle cosiddette edizioni tascabili. Tutto ciò non cambia solo l’estetica del libro, ma ne influenza in modo incredibile la diffusione rendendo la lettura più agile e la produzione più economica, aumentando di conseguenza il bacino dei possibili lettori e dando slancio a nuove dinamiche di fruizione del testo.
LA FINE DELLA COLLABORAZIONE TRA MANUZIO E GRIFFO
Nel 1501 Aldo ottiene dal Senato della Serenissima l’uso esclusivo del carattere Corsivo nei territori da essa controllati. Questo è probabilmente l’inizio della fine del rapporto con Francesco Griffo, che si vede costretto a lasciare Venezia per recarsi nelle Marche (più precisamente a Fano), dove realizzerà altri caratteri per Girolamo Soncino. Griffo diventa una sorta di unsung hero della storia: se ne perde in parte la memoria anche per via di una presunta tragica fine sul patibolo per l’omicidio del genero, e il suo nome rimane tuttora nell’ombra di quello immensamente più famoso del collega e committente.
L’ITALIC OGGI: QUANDO SI USA IL CORSIVO
Al giorno d’oggi non troverete libri contenenti esclusivamente carattei corsivi. L’Italic viene utilizzato come stile caratterizzante, in specifiche circostanze, come ad esempio le seguenti:
- Citazioni testuali o di titoli
- Enfatizzazione di una specifica parola all’interno di una frase
- Utilizzo di termini stranieri che non sono ancora di uso comune in italiano
- Classificazioni scientifiche latine